LA SCRITTURA CHE RIVELA – Dialogo con quarantatré autori contemporanei

•gennaio 1, 2024 • Lascia un commento

a cura di Maria Pina Ciancio

Il libro raccoglie gli interventi di alcuni poeti italiani contemporanei che hanno tentato di raccontare, in modo del tutto libero e personale, il loro rapporto più intimo e segreto con il vasto e sfaccettato mondo della parola e della scrittura. Alcuni di questi testi sono stati pubblicati negli anni sul Magazine LucaniArt, molti altri sono inediti.

Gli autori presenti in questo volume sono: Maria Allo, Lucianna Argentino, Francesco Arleo, Eleonora Bellini, Domenico Brancale, Michele Brancale, Luigi Cannillo, Roberto Ceccarini, Maria Benedetta Cerro, Maria Pina Ciancio, Domenico Cipriano, Lorenza Colicigno, Pino Corbo, Anna Maria Curci, Mariella De Santis, Francesco De Girolamo, Annamaria Ferramosca, Fernanda Ferraresso, Antonio Fiori, Mario Fresa, Gabriella Gianfelici, Marco Giovenale, Stefano Guglielmin, Gina Labriola, Maria Lenti, Paola Loreto, Anna Rita Merico, Marina Minet, Ivano Mugnaini, Giovanni Nuscis, Rita Pacilio, Antonella Pizzo, Grazia Procino, Maria Pia Quintavalla, Daniela Raimondi, Alessandro Ramberti, Margherita Rimi, Loredana Semantica, Antonio Spagnuolo, Rossella Tempesta, Silvano Trevisani, Giuseppe Vetromile, Bonifacio Vincenzi.

Il libro è stato pubblicato da Macabor nel dicembre del 2023.

https://www.macaboreditore.it/home/libri/hikashop-menu-for-categories-listing/product/242-la-scrittura-che-rivela-%E2%80%93-dialogo-con-quarantatr%C3%A9-autori-contemporanei.html

E’ in uscita il nuovo libro di Marina Minet, Pianure d’obbedienza (Macabor, 2023)

•novembre 5, 2023 • Lascia un commento

Segnalazioni letterarie


CI SONO TERRE CHE NON PERDIAMO MAI

Ci sono terre che non perdiamo mai
di notte si annidano malferme
dentro ai pugni
per poi svanire all’alba già incomprese

E sono terre dure, queste, pungenti
radici di frontiere piantate in mezzo al ventre
e a spingere ci dicono che in fondo
le abbiamo sempre amate

Di queste terre – dentro – abbiamo tutto
coste, ragioni, catene
miniere di licheni che tardano a morire
e lotte già finite e cominciate
che a vincerle cadiamo
se mancano domani

(20 agosto 2023)

Marina Minet, da Pianure d’obbedienza, Macabor 2023

https://www.macaboreditore.it/home/

A casa mia di Mario Piredda

•settembre 30, 2023 • Lascia un commento


In questo corto, che è un piccolo capolavoro, c’è tanta roba che caratterizza il nostro tempo. Gli anziani, lo sradicamento, lo spopolamento, la disoccupazione, la solidudine. E poi il sogno. Perchè i sogni, quando riusciamo ancora a farli, salvano sempre.

Un film di Mario Piredda, premio Davide di Donatello, 2017

SEGNALAZIONI/D’Argilla e neve di Maria Pina Ciancio

•luglio 14, 2023 • Lascia un commento


Segnalo l’uscita del mio nuovo libro:
D’argilla e neve, Ciancio Maria Pina, Giuliano Ladolfi Editore, Borgomanero, 2023; br., pp. 78, cm 12×18. (Perle. Poesia) con prefazione di Andrea Di Consoli.

Acquistabile da oggi in tutte le librerie online (anche con carta del docente):
https://www.ibs.it/d-argilla-neve-libro-maria-pina-ciancio/e/9788866446897?inventoryId=545992290&queryId=ba79f9ddd58b6daeff1a1a50689d2306

“Mio padre racconta il Novecento” di Teresa Armenti

•dicembre 3, 2022 • Lascia un commento


E’ uscita in questi giorni la ristampa del libro per le Edizioni Magister di Matera.

Zio Felice, il papà di Teresa, protagonista di questo libro prezioso, ho avuto la fortuna di conoscerlo, di parlarci in più occasioni e molte storie le ho sentite raccontare direttamente da lui.
Perchè un libro prezioso?
Perchè è un dono di una figlia al padre e viceversa, perchè è un libro di memorie personali e al tempo stesso collettive, perchè racconta la storia del nostro Novecento dal punto di vista della gente comune del Sud, perchè mette in luce tutta la fragilità e la forza del popolo contadino lucano costretto da sempre a lottare in silenzio e in solitudine.
Quello che trascrivo è forse una delle parti più belle, intense e toccanti del libro. (Maria Pina Ciancio)


Accunzato1 a sette anni (L’incipit)

A sette anni, andai a scuola. Gli alunni erano tanti e le maestre poche. Donna Caterina – così si chiamava la mia maestra – abitava in piazza, nel palazzo baronale; “faceva” scuola in una stanza della sua casa. Potevamo essere più o meno una trentina, tra maschi e femmine. All’inizio riempivamo pagine e pagine di aste e di virgole, poi passammo alle lettere dell’alfabeto. Appena terminò l’anno scolastico, andavo in campagna con mio padre.
Allora lavoro non ce n’era. C’era tanta povertà. Ci aspettavano solamente le terre da coltivare, ma la resa2 era minima.
Un giorno ero andato con mio padre in campagna, a Bruscate. La sera, stavamo rientrando con l’asinello carico di legna, quando, lungo la strada, incontrammo un pastore che veniva da Serra la Giumenta 3. Il pastore, che si chiamava Pastatosta, si avvicinò a mio padre e gli chiese, guardando fisso me, che camminavo timido timido dietro l’asinello:
«Ma t’è figlio questo bambino?»
«Sì!»
Stette un po’ soprappensiero, poi, rivolto a mio padre, gli fece questo ragionamento:
«Questo, lo devi far mangiare, lo devi vestire, lo devi calzare.
Quanto ti viene a costare!?
Accunzalo!
Ti fai dare 100 lire l’anno; ti fai dare un quintale digrano di sparagno14».
«Eh! …» esclamava mio padre.
«Ti fai dare cinque chili di lana. Vai dal cardalano, te la scarda e tua moglie, con i ferri, ci fa le calze e ci vai bello caldo caldo, d’inverno, tu e tutta la famiglia».
«Eh! …» sospirava mio padre.
«Ti fai dare cinque chili di formaggio e te lo grattugi sui maccheroni, la sera, quando torni dalla campagna.
Ti fai dare pure un agnellino».
«Eh! Eh!» continuava ad approvare mio padre, piegando la testa.
«Il padrone si deve preoccupare di tutto per il bambino: lui se lo deve calzare, se lo deve vestire e lo deve far mangiare. In una masseria, posta all’altro versante del fiume Cogliandrino, vanno appunto trovando un bambino che deve guardare le pecore».
Mio padre seguiva il discorso con attenzione, sospirava solamente, piegava la testa, si fermava ogni tanto, ma non diceva nulla.
(…)

tratto da pp 20-21

___________

1 Messo a padrone.
2 Guadagno.
3 Campagna di Castelsaraceno.

Esperienze in controluce di Maria Pina Ciancio

•ottobre 4, 2022 • Lascia un commento

Una poesia di Maria Pina Ciancio – POLINVERSI OLTRE (wordpress.com)

Foto di Marina Minet

Una mia poesia su POLINVERSI OLTRE QUI

LIBRI/ Tre fili d’attesa di Maria Pina Ciancio

•settembre 23, 2022 • Lascia un commento

Pensai a quanti luoghi ci sono nel mondo che appartengono così a qualcuno, che qualcuno ha nel sangue e nessun altro li sa” (Cesare Pavese)

Questa plaquette poetica si compone di diciotto mie poesie, una illustrazione di Stefania Lubatti, contributi interni di Anna Maria Curci e Abele Longo.
Amici e artisti che stimo e che ringrazio di cuore.
E’ un’edizione fuori commercio stampata in 65 esemplari firmati e numerati per conto dell’Associazione Culturale LucaniArt nel settembre del 2022.

Pubblico qui uno stralcio di una bella lettera di Filippo Golia, giuntami dopo la lettura della plaquette:

Cara Maria Pina, mi è arrivato il tuo prezioso piccolo libro. Mi prendo qualche giorno per leggerlo. Ma ho già visto le poesie. Belle. (…) La voce che le detta è una voce piana, all’apparenza saggia e posata che racconta aneddoti e piccole scene quotidiane. Ma a un tratto si storce o deforma e inserisce un elemento fuori posto, con uno scarto impercettibile: un nome proprio che non dovrebbe esserci, un particolare di troppo, una torsione verso il surreale. Ed ecco che il paese comune diventa il modellino di un mondo magico e straniato. Allo scatto lievissimo segue l’aprirsi di un abisso smisurato. Qualcosa di simile in Emily Dickinson e nella poesia giapponese. Più impercettibile lo scarto più profondo il salto del cuore in ascolto. Leggendo mi è venuto anche in mente il rapporto strettissimo, quasi viscerale o sciamanico, con la terra/comunità abitata, di alcuni poeti americani, come Gary Snider. Avevo già intravisto, nelle mie ricerche su Assunta (Finiguerra), che le tue poesie erano belle. Ora, visto il libro, sento soprattutto il coraggio del grande isolamento che, avverto, dedichi alla poesia (…).


Filippo Golia, 15 ottobre 2022
(scrittore e giornalista RAI)

https://openlibrary.org/works/OL28774102W/Tre_fili_d%27attesa

LIBRI/ Una nuova pubblicazione di LucaniArt. Ballate di Mariano Lizzadro

•agosto 14, 2022 • Lascia un commento

“Non c’è dannazione senza salvezza e viceversa”. Mariano Lizzadro

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LA BALLATA DELLA DISILLUSIONE

Ce ne vogliono di tempo e batoste

tante domande e poche risposte

sbagliate o giuste tanto non cambia niente

la disillusione nasce da un’illusione precedente

non c’è dannazione senza salvezza e viceversa

e parole appese e sospese a qualche verso

passando da un’illusione ad una disillusione

che ce ne vogliono di tempo e batoste

per perdersi e poi ritrovarsi nuovamente

fra tante domande e poche risposte

come in una ridicola ballata della disillusione

*

E’ appena uscita questa bella raccolta dell’amico e poeta lucano Mariano Lizzadro a cura dell’Associazione Culturale LucaniArt. Raccoglie 29 ballate con fotografie in b/n di Donato Russo, una piccola nota introduttiva dell’autore e note finali biobibliografiche. Un’intervista all’autore è possibile leggerla seguendo questo link.

Mariano Lizzadro, Ballate, Associazione Culturale LucaniArt, 2022

LIBRI/ Viva la vida! di Armando Cacucci

•marzo 25, 2022 • 1 commento

“Sono nata con lo scroscio della pioggia battente. E la Morte, la Pelona, mi ha subito sorriso, danzando intorno al mio letto. Ho vissuto da sepolta ancora in vita, prigioniera di un corpo che agognava la morte e si aggrappava alla vita”.


E’ un monologo molto bello sullo pittrice messicana Frida Kalo, di cui consigio la lettura o l’ascolto dell’audiolibro.

LIBRI/ La porta di Magda Szabò

•marzo 13, 2022 • Lascia un commento

“Emerenc non mi amava in modo qualunque, mi amava come è scritto nella Bibbia, come avrebbe potuto leggere lei stessa se mai ne avesse presa in mano una, o se prima di abbandonare la terza elementare le avessero fatto conoscere meglio gli atti degli apostoli. Emerenc non conosceva il verbo di Paolo, ma lo metteva in atto con la sua vita, e non credo che, a parte i miei genitori, mio marito e il mio fratellastro adottivo, ci sia stato qualcun altro che abbia saputo amarmi così intensamente e incondizionatamente come lei”. (Magda Szabo)

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Ho centellinato la lettura di questo libro. Bello, appassionante, coinvolgente.
Si tratta del romanzo autobiografico della popolare scrittrice ungherese Magda Szabó, in cui viene raccontata la storia di un’amicizia particolare tra due donne diverse per età, estrazione sociale, credo e pensiero e per questo complementari.
Sono approdata a questa lettura, dopo la visione del film “La porta” (The Door) del 2012 interpretato da una favolosa Helen Mirren, nella trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo.
La storia è piena di segreti, di memorie, di testimonianze di vita racchiuse nel silenzio del cuore e sepolte dietro una porta che non si apre mai.

Una storia surreale e al tempo stessa vera, di cui consiglio il libro e anche il film.

Maria Pina Ciancio

LIBRI/ La casa degli sguardi di Daniele Mencarelli

•settembre 5, 2021 • Lascia un commento

Non serve capire, comprendere. Serve accogliere l’umano con tutta la forza che ci è concessa. (Daniele Mencarelli)


Il primo Mencarelli.
“La casa degli sguardi” è un libro che parla di dolore e di salvezza. Un romanzo che ti tocca dentro, ti cattura e non ti lascia fiato. Che ti inonda con la sua forza e la sua sincerità, che quando arrivi all’ultima pagina vorresti rileggerlo da capo. Era da tanto che non mi capitava un libro così bello, intenso e di una tale levatura umana e spirituale. Esperienze del genere te le concedono solo i grandi classici e le febbricitanti letture notturne adolescenziali, quando dopo lo stordimento ritorni al quotidiano e ti senti stranamente appagato e in sintonia con la vita.
Maria Pina Ciancio

POESIA/ La libellula

•agosto 23, 2021 • Lascia un commento

Oggi, una libellula lungo la strada,
e la traccia di Amelia che si rifà viva .

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“[…] dissipa tu
la resa del corpo al nemico. Dissipa la mia effige,
dissipa il remo che batte sul ramo in disparte.
Dissipa tu se tu vuoi questa dissipata vita dissipa
tu le mie cangianti ragioni, dissipa il numero
troppo elevato di richieste che m’agonizzano:
dissipa l’orrore, sposta l’orrore al bene […]”
(Amelia Rosselli, da La Libellula, 1958)

Visitare la Tuscia. Etruschi e poesia nella città di Tarquinia

•luglio 26, 2021 • Lascia un commento

“Qui tutto è fermo, / incantato nel mio ricordo. / Anche il vento.” Vincenzo Cardarelli

Per un viaggio sulle orme degli antichi etruschi, consigliamo la visita di Tarquinia nel territorio della Tuscia a sud della Maremma Laziale. Una bella cittadina di circa 16000 abitanti molto tranquilla, pulita e accogliente. Dista pressappoco un’ora e trenta da Roma e si raggiunge percorrendo la via Aurelia in direzione Grosseto. Il viaggio può essere interessante sia nella stagione estiva che invernale. Noi abbiamo scelto la prima, così da poter beneficiare anche della pace e della serenità che si gode lungo alcuni tratti della costa tirrenica.

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Tarquinia è una città interamente circondata da mura perimetrali medievali, con svariate porte che si aprono sul centro storico. Per il nostro alloggio abbiamo scelto La casetta di San Martino*, un’abitazione in pietra con scalette esterne che si raggiunge in macchina parcheggiando su via dell’Orfanotrofio a soli 3 euro al giorno. La consigliamo per la gentilezza e la disponibilità della proprietaria, per la pulizia e per la centralità della sua posizione. Si trova infatti  in un angolo molto suggestivo del paese, accanto alla Piazza e alla Chiesa di San Martino, considerata la più antica di Tarquinia. Un edificio molto semplice, con la facciata incastonata in altre costruzioni e di dimensioni piuttosto ridotte. Pur non presentando all’interno opere di grande rilievo, ad eccezione dei resti di alcuni affreschi, è proprio la semplicità e l’essenzialità dello stile romanico a renderla pregevole.

Partendo da questa posizione si può effettuare il giro della città a piedi, organizzandosi a piacere, per scoprire gli angolini e gli scorci più nascosti che sono davvero tanti e che invitano al raccoglimento interiore e all’intimità.

Ciò che colpisce di Tarquinia sono le numerose chiese, le altissime torri, i palazzi, il castello, le porte e i tanti belvedere dove l’occhio può spaziare all’orizzonte.

La zona più interessante della città è sicuramente quella di Porta di Castello con il Torrione Matilde di Canossa, che si apre nelle belle mura di Tarquinia in corrispondenza della chiesa di maggior valore artistico della città: Santa Maria di Castello. L’atmosfera che si respira passeggiando in questa zona è davvero suggestiva, i luoghi sono belli da ammirare e da fotografare. Di mattina presto o di sera tardi, quando la gente si dirada, si sente il rumore dei propri passi sul selciato, il tubare dei colombi e il frinire delle cicale. Dire che l’atmosfera assume un non so che di magico e senza tempo, è riduttivo. Il tramonto poi e il Tirreno all’orizzonte, incorniciano l’area in un’atmosfera dal fascino indiscusso. La Chiesa di Santa Maria di Castello che abbiamo trovato aperta dopo le 10 di mattina da un custode molto cordiale e gentile, è splendida sia all’interno che all’esterno e si erge accanto ad una delle cinquanta torri che punteggiano la città.

Uscendo da Porta Castello, a circa 200 metri sulla sinistra, sotto i bastioni delle mura fortificate, si raggiunge Fontana Nova, un antico mattatoio in campagna con un grande vasca rettangolare, che un tempo serviva per tenere a bagno gli ortaggi e che è alimentata dall’acqua di una sorgente che si trova sul lato opposto della strada. Altre tappe importanti sono sicuramente il Santuario di Santa Maria di Valverde, la Chiesa di San Francesco, la Chiesa di San Giovanni, il Duomo, il Palazzo dei Priori. Non tutti i monumenti però sono aperti negli stessi giorni e negli stessi orari, per l’apertura di alcune chiese più piccole, conviene informarsi presso una delle parrocchie.

Uscendo sulla strada principale, all’imbocco di corso Vittorio Emanuele si apre invece il Palazzo Vitelleschi del XV secolo, che ospita il Museo Nazionale Etrusco, sicuramente la maggiore attrattiva di Tarquinia. Merita il palazzo e merita la preziosa collezione di arte etrusca che custodisce  numerosi  reperti provenienti dagli scavi circostanti. Tra i numerosi sarcofagi, campeggia in una sala a se stante la meravigliosa scultura etrusca dei Cavalli Alati, mentre all’ultimo piano, da una terrazza coperta è possibile ammirare il panorama della città, peccato solo che i vetri siano in plexiglas e non consentano una vista pulita sulla zona. Il biglietto d’ingresso per due giorni costa 10 euro e dà possibilità di visitare il Museo e la Necropoli di Monterozzi, altre opzioni includono anche il Museo e la Necropoli di Cerveteri.

All’uscita del museo, risalendo  lungo corso Vittorio Emanuele, si giunge a  Piazza Trento e Trieste. Qui è possibile visitare la monumentale fontana circolare, il Palazzo Comunale (da cui si ha una bella vista della piazza), la Chiesa del Suffragio e di San Leonardo. Quello che ci sentiamo di consigliarvi è di lasciarvi guidare dall’istinto e  dalla curiosità, così da scoprire di volta in volta gli innumerevoli tesori che questa città nasconde tra i suoi vicoletti.

Fuori dal centro storico, a poche centinaia di metri dal Belvedere Parco delle Mura, si trova la vasta Necropoli di Monterozzi con le sue tombe a camera dipinte e le caratteristiche tombe di pietra a funghi. L’area è pulita, ben organizzata e ben illustrata con pannelli espositivi; di tanto in tanto è possibile fare una piacevole sosta ad una panchina sotto gli alberi di ulivo. È presente anche un piccolo ristoro e servizi i igienici. Durante l’estate consigliamo di effettuare la visita nelle prime ore della mattino subito dopo l’apertura o al tramonto e comunque muniti di cappellino o ombrellino parasole.

La nostra permanenza a Tarquinia è durata quattro giorni, durante i quali abbiamo esplorato anche alcuni tratti del litorale a nord e a sud della costa tarquinense. La spiaggia libera di San Giorgio con l’area delle Saline ci è piaciuta molto. Si tratta di un’oasi naturalistica protetta dal carattere ancora selvaggio. La si raggiunge lasciando la litoranea e imboccando una strada in ghiaia bianca segnalata da un piccolo cartello. I bagnanti sono davvero pochi, il mare abbastanza pulito, l’atmosfera tranquilla. Per chi è appassionato di fotografia, consigliamo di trattenersi fino al tramonto.

L’ultima tappa, prima del rientro, l’abbiamo fatta inoltrandoci per circa 20 chilometri nell’entroterra, fino al punto panoramico di Poggio della Rotonda, un’altura di circa 500 metri nel comune di Monte Rotondo, di notevole pregio per la magnifica vista con cui lo sguardo può vagare dal mare, alla Valle del Mignone, all’entroterra viterbese fino alle pendici dell’Appennino, al Monte Amiata, all’Argentario ed alcune isole dell’Arcipelago Toscano. La sensazione è quella di essere immersi in uno spazio incontaminato e selvaggio. La vegetazione è ricchissima e varia, l’odore delle piante inebriante e il frinire delle cicale assordante. Ci hanno colpito soprattutto i tanti rovi selvatici di more ormai mature e un’infinità di fiori secchi di cardo mariano, costellati da grappoli di lumachine bianche. Abbiamo avvistato a pochi metri da noi un enorme rapace, ci siamo imbattuti in mandrie di mucche al pascolo ed escursionisti a cavallo. L’effetto che si prova qui in alto è rigenerante, la sensazione di quiete e serenità.

Il rientro a Tarquinia lo facciamo percorrendo distese di ulivi e stoppie di grano dorate dal sole. In più punti la strada fiancheggia l’Acquedotto settecentesco delle Arcatelle, conosciuto anche come l’Acquedotto Romano, che in passato portava l’acqua nella vecchia Cornero, oggi Tarquinia. Tutto il percorso che si snoda da Monte Rotondo alla città vive dentro un alone di sospensione e di poesia, a cui fanno da sottofondo i versi del poeta tarquiniese Vincenzo Cardarelli.

Giace lassù la mia infanzia.
Lassù in quella collina
ch’io riveggo di notte,
passando in ferrovia,
segnata di vive luci.
Odor di stoppie bruciate
m’investe alla stazione.
Antico e sparso odore
simile a molte voci che mi chiamino.
Ma il treno fugge. Io vo non so dove.
M’è compagno un amico
che non si desta neppure.
Nessuno pensa o immagina
che cosa sia per me
questa materna terra ch’io sorvolo
come un ignoto, come un traditore.

A Tarquinia ci godiamo ancora un’altra passeggiata al fresco della sera sotto l’Alberata fino a piazza Belvedere, mangiamo una buona pizza in uno dei caratteristici localini lungo la strada e ci apprestiamo al rientro, portandoci dentro la bellezza e la quiete di questo territorio dagli spazi aperti, intimi e accoglienti che placano la mente e acquietano l’animo dal brusio interiore.

testo e foto di Maria Pina Ciancio

*Casetta di San Martino vai

LIBRI/ Il manicomio dei bambini di Alberto Gaino

•agosto 7, 2019 • Lascia un commento

Questo libro scritto per  non dimenticare; per ricordare a chi è vissuto al tempo dei manicomi e per informare chi non c’era.  – Alberto Gaino

Si chiamavano Istituti ortofrenici e avevano nomi insospettabili, come Villa azzurra, Casa di cura Santa Rita, ecc, ma in realtà erano manicomi per bambini, grandi fabbriche di selezione sociale, discariche umane e di annientamento. Di quelli dove i piccoli (gli “arnesi”, lo scarto della società) provenienti in gran parte da famiglie povere, numerose ed emarginate, conducevano una vita legati ai letti, ai tavoli, ai termosifoni, senza giocattoli, nè cure, nè affetti. Venivano sottoposti ad elettrosckok senza anestesia,  a terribili punizioni corporali e utilizzati come cavie da professori che si fregiavano di riconoscimenti scientifici e alla carriera (vedi Giorgio Coda). La storia è piena di tali orrori, di bambini invisibili condannati all’ergastolo fino alla morte.

Franco Basaglia definì il manicomio un luogo di segregazione degli uomini  e delle donne improduttivi. Con i bambini che vi furono internati, la selezione fu preventiva.  Secondo psichiatrionline.it nel 1966 in Italia 226.000 bambini e adolescenti erano ricoverati in istituti e le classi differenziali contavano 106.000 iscritti.

 

Lo scandalo dei manicomi scoppiò il 20 luglio del 1970, quando l’Espresso pubblicò  la foto di una bambina nuda e legata alle sponde del letto mani e piedi: crocifissa. Si chiamava Maria. La notizia fece grande scalpore nell’opinione pubblica e da quel momento iniziarono una serie di controlli, inchieste, denunce del personale e delle strutture.

PaginoneEspresso

Quanche anno dopo, fu Legge Basaglia (Legge 13 maggio 1978n. 180 – “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”), a disporre in Italia la chiusura dei manicomi e a segnare una svolta nel mondo dell’assistenza ai pazienti psichiatrici.  La Legge Basaglia è stata la prima legge al mondo a disporre la chiusura dei manicomi e l’Italia resta l’unico paese ad avere attuato in modo così radicale il processo di de-istituzionalizzazione.

7c20c4_79078138052844d285781423bd83e6ac_mv2Ricordiamoci di questa vergogna italiana, di questi lager finanziati con soldi pubblici e in gran parte gestiti da religiosi, che ricoveravano bambini di appena tre anni, con la formula sommaria: “Pericoloso a sè e agli altri”!

Ricordiamolo con questo libro di Alberto Gaino, Il manicomio dei bambini, EGA-Edizioni Gruppo Abele 2017.

AFORISMI/ Sulla vanità

•luglio 18, 2019 • Lascia un commento

Maria pina ciancio, aforismi

# Aforismi, vita, esistenza, vanità

Una poesia di Emily Dickinson

•luglio 17, 2019 • Lascia un commento

Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi

emily dickinson

Se potrò impedire a un Cuore di spezzarsi
Non avrò vissuto invano
Se potrò alleviare il Dolore di una Vita
O lenire una Pena
O aiutare un Pettirosso caduto
A rientrare nel suo nido
Non avrò vissuto invano.

Emily Dickinson, Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi (n. 919)

AFORISMI/Affetti

•luglio 5, 2019 • Lascia un commento
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#aforismi, frasi, affetti, madre

Foto_ Tramonto sulla Diga del Pertusillo (Basilicata)

AFORISMI/ Sulla vita

•giugno 2, 2019 • Lascia un commento

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@ aforismi, vita, mediocrità, esistenza

Una panchina rossa contro la violenza sulle donne

•aprile 9, 2018 • Lascia un commento

I diritti delle donne sono una responsabilità di tutto il genere umano; lottare contro ogni forma di violenza nei confronti delle donne è un obbligo dell’umanità (Kofi Annan)

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Contursi, 2018

AFORISMI/ Sulla vita

•dicembre 17, 2017 • Lascia un commento

maria pina ciancio, aforismi e frasi
#aforismi, frasi, vita, esistenza