LIBRI/ Lo staniero di Albert Camus
Per me era sempre lo stesso giorno che scorreva nella mia cella, e io percorrevo sempre la stessa via – Camus
Pochi giorni dopo mi ha scritto. Ed è a partire da quel momento che sono cominciate le cose di cui mi è mai piaciuto parlare. Del resto non bisogna esagerare nulla, e per me è stato più facile che per altri. Al principio della mia detenzione, comunque, la cosa più dura è stata che avevo dei pensieri di uomo libero. per esempio mi veniva la voglia di essere su una spiaggia e scendere verso il mare. Quando pensavo al rumore delle prime onde sotto la pianta dei piedi, al mio corpo che entrava nell’acqua e al sollievo che ne provavo, di colpo sentivo quanto erano stretti i muri della mia prigione. In seguito non ebbi più pensieri di prigioniero. Aspettavo la passeggiata quotidiana che favevo nel cortile della prigiorne, o la visita dell’avvocato. Mi arrangiavo bene col tempo che mi restava. Ho pensato spesso, allora, che se avessi dovuto vivere dentro un tronco d’albero morto, senz’altra occupazione che guardare il fiore del cielo sopra il mio capo, a poco a poco mi sarei abituato. Avrei atteso passaggi di uccelli o incontri di nubi come, lì, attendevo le strane cravatte dell’avvocato e come, in un altro mondo, aspettavo pazientemente il sabato per avere il corpo di Maria. In realtà, a pensarci bene, non ero dentro un albero morto. C’erano persone più infelici di me. Del resto era un’idea della mamma, e lei lo ripeteva sempre, che si finisce per abituarsi a tutto. (p.95)
(Albert Camus, Lo straniero, Tascabili Bompiani, 2008)
Bel libro anche se molto nichilista… lo lessi più di ideci anni fa…
Indio
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indio said this on febbraio 2, 2010 a 6:45 PM |